I Luoghi

I luoghi del Festival

 

Villa Arbusto e il Museo di Pithecusae

Villa Arbusto 

Corso A. Rizzoli 194, Lacco Ameno

Tel.: +39. 081 996103 / 081. 3330288

e-mail: [email protected]

sito web:  www.pithecusae.it

Il Museo di Villa Arbusto è aperto dal martedì alla domenica (lunedì chiuso) dalle ore 9:00 alle 13 e dalle 17:00 alle 20:00.

La pregevole costruzione di Villa Arbusto, che risale al 1698, ha subito nel corso degli anni frequenti passaggi di proprietà. Dagli eredi Monti passò al signor Nicolò de Simone della città di Napoli. Nel 1805 vi abitava la contessa di Conversano, erede del duca di Acquaviva. Passata ai Rizzoli, che vi apportarono “intense modifiche interne”, fu espropriata – con decreto  del 24 novembre 1952- e destinata come sede del Museo archeologico. 

Il complesso si articola in vari edifici di cui il principale è composto da un piano rialzato eda un primo piano. Un secondo edificio, con funzioni di dipendenza, rivela un gusto neoclassico. Un altro edificio, a pianta quadrata, è adibito a cappella mentre una ulteriore costruzione di epoca  recente, nota come Villa Gingerò, chiude il complesso che comprende anche un ampio giardino. A Villa l’Arbusto  si trovano il Museo dedicato ad Angelo Rizzoli e  il Museo archeologico di Pithecusae. Il complesso è utilizzato inoltre come spazio polivalente per manifestazioni artistiche e culturali. 

Nel 1947 Giorgio Buchner e il vulcanologo Alfred Rittman crearono un museo, chiamato Museo dell’Isola d’Ischia, che più tardi sarebbe confluito, assieme ai reperti rinvenuti negli scavi successivi, nel nuovo Museo Archeologico di Pithecusae. Il museo, inaugurato ufficialmente il 17 aprile 1999 alla presenza di studiosi di primo piano come sir John Boardman, docente oxoniense, ed il conservatore capo del Museo del Louvre, Alain Pasquier, ha sede in Villa Arbusto. La villa fu costruita nel 1785 da don Carlo Acquaviva, Duca di Atri, lì dove si trovava la masseria dell’arbusto. Estintasi nel 1805 la linea maschile degli Acquaviva, la proprietà, dopo essere passata per molte mani, fu acquistata nel 1952 da Angelo Rizzoli, quindi dal Comune di Lacco Ameno, con il contributo di Provincia e Regione, perché diventasse sede del museo. Il Museo illustra la storia dell’isola, dalla preistoria all’età romana, e occupa il primo piano dell’edificio.

Opere esposte nel Museo

I principali reperti del museo riguardano i ritrovamenti effettuati a Pithecusa, l’abitato greco fondato nel secondo quarto dell’VIII secolo a.C., scavato da Giorgio Buchner dal 1952.

Molti dei vasi, fra cui la più nota Coppa di Nestore, provengono dalla necropoli della valle di San Montano, utilizzata dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. per quasi mille anni: la celebre coppa può essere infatti annoverata come il primo e più antico esempio di scrittura greca. Si tratta, in realtà, di un epigramma a tre versi inciso in alfabeto euboico, probabilmente riguardante il celebre vaso del Nestore dell’Iliade.

Altre terrecotte risalgono alla vicina acropoli del Monte di Vico, in particolar modo ceramiche da mensa, verniciata in nero (la cosiddetta Campana A) e commerciata in gran parte del Mediterraneo.

Le testimonianze di epoca romana, minori a causa del modesto abitato (dovuto alle continue eruzioni vulcaniche), sono rappresentate da alcuni rilievi votivi marmorei del Santuario delle Ninfe di Nitrodi, a Barano, e da alcuni lingotti di piombo e stagno di una vicina fonderia, oggi sommersa.

 

Biblioteca Comunale Antoniana

Via Rampe s. Antonio, 5 Ischia (NA)

Telefono 0813333255

email: [email protected]

 

L’edificio religioso e il complesso conventuale risalgono alla prima metà del XVIII secolo, quando ebbero luogo lavori di rifacimento dell’antico monastero, con annessa chiesa, fondati dai frati francescani nel 1225 e che l’eruzione dell’Arso aveva distrutti in buona parte nel 1301. 

Dal Settecento e fino al primo decennio del Novecento, con alterne vicende seguite alla soppressione degli ordini religiosi nel 1806, il complesso conventuale fu occupato dalle monache dell’ordine delle Clarisse. L’ala dell’edificio occupata dalla Biblioteca comunale fu utilizzata, dagli anni venti in poi del Novecento, come sede scolastica. 

Dal 1944, epoca della sua fondazione, vi ha sede l’ente morale Centro Studi Isola d’Ischia. Nel 1953 fu inaugurata la Biblioteca Antoniana, voluta da mons. Onofrio Buonocore. Dopo lunghi periodi di abbandono, negli anni Ottanta la Biblioteca fu rilevata dal Comune e, dopo i lavori di restauro e ristrutturazione funzionale realizzati negli anni Novanta, fu riaperta al pubblico. La Biblioteca comunale, afferente al polo bibliotecario provinciale, offre una serie di servizi culturali ed è sede di numerose iniziative e manifestazioni.

 

Torre del Molino (ex carcere) 

Via Champault – Spiaggia dei Pescatori, Ischia (NA)

Telefono 081 983681

 

In una incisione di Philippe Hackert, appare isolato sulla collinetta di pietra magmatica della Mandra, un solo edificio a cupola, probabilmente edificato alla fine del XVIII secolo. Nel 1871 il comune di Ischia lo acquistò e l’ambiente circolare a cupola, utilizzato originariamente come cappella, fu inglobato nella costruzione del carcere mandamentale che risultò composto da vani rettangolari al piano terra, adibiti a celle per i detenuti, da un primo piano e da alcuni locali cantinati. Alla fine degli anni Settanta il carcere fu dismesso. Nel decennio successivo, durante lavori di manutenzione ordinati dal Comune, si verificò il crollo di buona parte dei locali al primo piano e al piano terra. L’area dell’ex carcere fu successivamente recuperata e destinata a spazio polivalente per attività sociali e culturali. La struttura fu denominata Torre del Molino in quanto un mulino a vento compare, su quella collinetta, nella mappa del Cartaro inserita nel libro di Giulio Jasolino (1588). 

 

Torre Guevara

Via Nuova Cartaromana – 80077 Ischia Porto (NA)

La Torre Guevara, conosciuta anche con il nome “Torre di Michelangelo” o  “Torre di Sant’Anna” (per la presenza della chiesetta dedicata alla santa), è una casa turrita edificata nella Baia di Cartaromana, sul versante orientale dell’isola d’Ischia.

L’edificio, a pianta quadrata, si articola su tre livelli fuori terra, dei quali il primo, a scarpa, si chiude con un toro in pietra viva. La geometria delle aperture, incorniciate da tessiture di pietra vulcanica a spessore, colloca l’opera nel quadro artistico del rinascimento napoletano, oltre che riuscita testimonianza di cultura manieristica non solo per i suoi affreschi, ma anche per la concezione architettonica di casa-giardino, contesto di immagini mitiche e luogo privilegiato di metafore culturali. La torre è infatti immersa in un vasto giardino che lambisce a valle le acque di Cartaromana e quelle di una sorgente dismessa celebrata da Giovanni Boccaccio e anticamente era cinta su due lati da alte mura, di cui oggi restano solo dei tratti. 

La struttura è posta di fronte al Castello Aragonese, a poca distanza dagli scogli di Sant’Anna, importante sito archeologico che ricollega la storia della baia all’antica colonia (oggi sommersa) di Aenaria, florido insediamento romano risalente ad un’epoca compresa tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., caratterizzato, come provano i numerosi rinvenimenti, dalla presenza di fabbriche di terrecotte e botteghe per la lavorazione dei metalli.

La sua costruzione, risalente alla fine del ‘400, è probabilmente ad opera di don Giovanni de Guevara, uomo d’armi originario della Spagna appartenente al seguito di Alfonso I d’Aragona, che nel 1454 lo nominò “cavaliere del re”, o ad un altro appartenente della medesima famiglia, Francesco de Guevara nominato governatore a vita dell’isola da Carlo V d’Asburgo. La torre fu quindi costruita non solo per esigenze abitative, ma anche per espletare funzioni di difesa della costa e del castello, così come stabilito dal sovrano in base all’editto del 1433.

Una leggenda racconta che nel 1500 vi abbia soggiornato a più riprese l’artista Michelangelo Buonarroti, legato da una segreta relazione amorosa alla castellana Vittoria Colonna, moglie di Francesco Ferrante d’Avalos. Tali informazioni, così come quelle che attribuiscono all’artista alcune delle pitture presenti all’interno dell’edificio, non sono però suffragate da alcun documento storico.